Da una nota pubblicata anche su FB.
Ieri ho capito di avere imparato a tarare le verifiche in modo da costringere i lazzaroni ma moderatamente capaci di miei alunni (di una classe in particolare ma potrebbe valere per tutte) a mostrare quello che veramente sono in grado di fare a seconda di COME e QUANTO hanno studiato. Verifica impegnativa e lunga ma tutt'altro che impossibile (voto massimo 10), comunque costruita su vocaboli e strutture fatti e ripassati, su tipologie di esercizi fatti, su qualche frase da tradurre tratta da molte di più fatte a casa e corrette in classe pochi giorni prima... Ne è uscita una classe spaccata in due: di 18 alunni sette hanno avuto tra il 7 e l'8 1/2 , due uno schifidino 6-, uno un bel 5 e otto, e ripeto OTTO, tra il 3 e il 4.
Avrei potuto entrare in classe e fare tutta la correzione oltre al solito pistolotto consistente in "dovete studiare, dovete fare i compiti, dovete stare attenti, non potete parlare in inglese come se l'unica cosa a cui serve fosse soddisfare le vostre esigenze primarie (mangiare, bere, fare pipì)." Avrei potuto. E invece ho deciso per l'approccio metaforico.
Ne ho presi 4 solo perché so che hanno delle passioni e le coltivano e non perché fossero necessariamente andati male.
A suona la chitarra; gli ho chiesto se, suppondendo di avere scoperto da poco di essere molto portato per la musica ma sapendo fare giusto il giro di do, e ricevendo inaspettatamente un ingaggio per un concerto importante tra un anno, aspetterebbe la settimana prima del concerto a farsi dare il programma e a fare le prove.
B fa canottaggio; gli ho chiesto se, essendo oltre un mese che non può allenarsi e avendo una gara domani, gli porterebbe vantaggio allenarsi oggi dalle 7 del mattino alle 10 di sera.
C gioca a pallanuoto; gli ho chiesto se, avendo una struttura muscolo-scheletrica adatta agli sport acquatici, facendo 20 vasche in piscina ogni giorno e avendo visto un paio di partite di pallanuoto in TV pensando che è un bello sport ma non sapendone assolutamente (se non per intuito) le regole o i trucchi, sarebbe in grado di giocare se fosse buttato in piscina durante una partita importante.
D è un precisino nel vestire a cui piace mettersi in mostra. Gli ho chiesto come si sentirebbe se, mangiando la pasta al sugo, si schizzasse di pomodoro la camicia in più punti e come pensa che lo giudicherebbero gli altri.
Ho ricevuto risposte un po' bofonchianti ma fondamentalmente in linea con quello che pensavo.
E allora, ho chiesto a tutti, perché pensano di poter apprendere con una studiatona di 8 ore il giorno prima di una verifica quello che non hanno imparato e fatto sedimentare in settimane di studio regolare; perché pensano che solo perché "sono portati" o hanno intuito o hanno fatto qualche esperienza si possono permettere di non stare attenti alle spiegazioni dell'insegnante o di non fare gli esercizi o di leggersi qualche regola qualche volta; perché continuano a pensare che una grafia illeggibile e un'ortografia approssimativa "non facciano nulla" cioè non facciano pensare a chi legge o corregge che quello che ha scritto è quantomeno uno sciattone?
E poi ho anche chiesto quanta importanza ha un bravo allenatore o un bravo maestro di musica se chi si allena o studia non ci mette un po' del suo.
Infine, anche se non con cotante parole, gli ho cercato di far capire che non c'è un gettone di presenza (leggi un 6) che viene dato solo per il fatto di essere a scuola (per quello eventualmente dovrò ricordare loro di farsi eleggere al parlamento italiano).
Mi sono solo dimenticata di dire (ma lo farò) che i doni che hanno (i muscoli, il cervello, l'orecchio musicale, la mano per disegnare...) non glieli toglie nessuno, che purtroppo ci sono tanti che, non avendone qualcuno, anche sforzandosi tantissimo e sistematicamente non riusciranno mai a vincere una gara, a dipingere un bel quadro, a fare un concerto o a prendere più della sufficienza, ma che l'importante è fare del proprio meglio quando lo si deve fare e cercare la propria strada in modo da non torturarsi facendo per tutta la vita quello per cui non si è portati.
Servirà? Non so. Probabilmente nell'immediato no. Non sono nata ieri e non è da poco che insegno. Però spero che magari, mentre fanno la studiatona o dicono "chissene" mentre scrivono più o meno bene una parola, una volta o l'altra ci pensino.
Il riciclaggio è uno sport che mi piace... E così lo metto in pratica di nuovo pubblicando anche qui una cosa che ho scritto per la message board di Jonathan Coe. La traduzione è in fondo.
There's a band that makes me think of Jonathan's books even though it is not the type of music that I think he'd listen to. It's Chumbawamba.
To put it very simply, they're an anarchist band from Leeds who became famous a few years ago with the enjoyable, but certainly not their best effort, Tubthumping, and then cut down on the line-up and went back into chart oblivion to produce some real masterpieces.
The reason why my mind connects their work to Jonathan is because both have the same effect on me: they entertain me and move me, they make me laugh and cry, they make me dance and think.
Chumbawamba's songs sound simpler than they really are: their catchy folksy melodies are the background to stories of social injustice and of political engagement but also to tales of everyday lives, where tragedy is challenged by comedy, where disgust and complaint for certain situations is often counterbalanced by an innate optimism. Even musically they are never banal; in spite of the usually comparatively simple chord sequences, they create wonderful harmonies with their voices (with many a cappella songs) and encompass many musical genres often with just the help of two guitars, an accordion and a trumpet or a recorder. There's so much more than meets the eye.
I also thought of them the last time I heard Jonathan speak about M. Thatcher... I nearly suggested he booked their In Memoriam EP, which will get to the buyers on the morning of the glorious day she dies. I heard a preview when I saw them live...
I felt the urge to write this after I was nearly moved to tears this morning. I was walking to school with Chumbawamba on my ipod and I saw two ducks having a bath in a city stream with the early morning sun in the background. It was like reading some of Jonathan's pages, a short-circuit of emotions.
If you want to see something on youtube, I love this one in spite of its live imperfections (it's from when I saw them in Milan) http://www.youtube.com/watch?v=axr8fW4omG8, though this is more appropriate to things that are being said in Italy these days http://www.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3DmO ... -E&h=410e6
C'è una band che mi fa pensare a Jonathan Coe anche se non credo che sarebbe un genere che ascolterebbe. Sono i Chumbawamba.
Per farla semplice è una band di anarchici con base a Leeds; sono diventati famosi qualche anno fa con la divertente, ma non certo loro miglior sforzo, Tubthumping, per poi tagliare sull'organico e tornare all'oblio delle classifiche prima di produrre alcuni capolavori.
La ragione per la quale la mia mente connette il loro lavoro con quello di Jonathan è che entrambi hanno lo stesso effetto su di me: mi divertono ed emozionano, mi fanno piangere e ridere, mi fanno ballare e pensare.
I Chumbawamba sono più di quello che sembrano ad un primo ascolto: le loro melodie folksy ed accattivanti fanno da sfondo a storie di ingiustizia ed impegno politico ma anche a storie di vite di tutti i giorni, dove la commedia sfida la tragedia e dove il disgusto e la denuncia di talune situazioni sono controbilanciati da un innato ottimismo. Anche muscialmente non sono mai banali; nonostante le loro sequenze di accordi relativamente semplici, riescono a creare bellissime armonie con le voci (con molte canzoni a cappella) e coprono diversi generi spesso con l'aiuto solo di due chitarre, una fisarmonica e una tromba o un flauto dolce. C'è così tanto di più di quel che sembra.
Ho pensato a loro anche l'ultima volta che ho sentito Jonathan parlare della Thatcher... Gli ho quasi suggerito di prenotare l'EP IN Memoriam che arriverà nella cassetta dei suoi acquirenti la gloriosa mattina della morte dell'ex primo ministro... Io ne ho sentito un assaggio al concerto dello scorso anno.
Ho sentito il bisogno di scrivere questo stamane, quasi mossa alla lacrime. Stavo andando a scuola a piedi con i Chumbawamba sull'ipod quando ho visto due papere che facevano il bagno in un torrente di città con il sole del primo mattino alle spalle. E' stato come leggere alcune pagine di Jonathan, un corto circuito di emozioni.
Se volete vedere qualche esempio su youtube, questa mi piace moltissimo nonostante le stonate dal vivo (dal concerto di Milano che ho visto) http://www.youtube.com/watch?v=axr8fW4omG8, anche se questa è più appropriata per alcune delle cose che si dicono in questi giorni in Italia http://www.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3DmO ... -E&h=410e6
Tra l'altro ieri e ieri credo di avere letteralmente consumato le ultime 200 pagine delle quasi 500 di un ennesimo libro di Jonathan Coe, la cui opera sto leggendo in ordine sparso nel corso di questi ultimi anni.
Ne ho già parlato in queste pagine e rischio quindi di ripetermi, ma questo scrittore è davvero entrato nell'olimpo dei miei preferiti, cioè degli autori per i quali vale la pena leggere.
Per rispondere ad una questione posta tanto tempo fa in altro blog, io leggo spesso per imparare e per sorprendermi di ciò che imparo; oppure leggo perché trovo divertente seguire una storia, immedesimarmi nei personaggi, emozionarmi; e leggo anche perché talvolta mi fa capire come vivo il mondo senza doverne scrivere io stessa.
Con Coe mi capita un po' tutto. Questo romanzo in particolare inizia come una specie di biografia di persone apparentemente scollegate tra loro; mentre i fili si tessono tra di loro sempre più strettamente compare la satira socio-politica, caustica e ancora attualissima nonostante i quasi 15 anni del libro e i quasi 20 della storia (tanto che quando descrive Bush Sr mi si sovrapponevano le immagini del figlio); verso la fine la storia di trasforma in thriller; e il finale è tragico benché paradossale. La tecnica narrativa è varia, come sempre; il tono oscilla tra commedia, tragedia e parodia.
Io mi sono ritrovata ieri mattina alle 8 del mattino (mentre V, ignaro, dormiva) a piangere come un vitello per la morte di uno dei personaggi per colpa di un fallato sistema sanitario nazionale. Credo in parte di avere sfogato quello che non ero riuscita a fare alla notizia di un'altra morte di amico (Rob, il mixerista dei Fairport, 50 anni, una persona speciale); in parte ho pianto per l'ennesima presa di coscienza dello schifo e delle ingiustizie che ci circondano.
In realtà questo è solo un esempio del viaggio che leggere questo libro è stato. Se non fossi d'accordo anche con Hornby quando dice che è davvero difficile dare consigli agli altri su cosa leggere e che bisogna diffidare della parola "imperdibile", direi che questo lo è davvero imperdibile...
E' difficile ricominciare a scrivere dopo un lungo silenzio... E allora parto con il copia incolla della mail che ho spedito ad Andrea di Altroconsumo per raccontare la "bella" esperienza con *****....
Armatevi di pazienza ma leggetela.
In data 23 giugno 2008 venivo visitata dall'agente G. S. della *****, il quale, dandomi informazioni parziali e non del tutto corrette sull'offerta *****, mi faceva firmare una proposta di abbonamento per ricevere la stessa, promettendo "nessun impegno" fino a settembre. In sostanza mi aveva raccontato panzane sulle tariffe e sul fatto che fino a settembre avrei potuto non procedere con la disattivazione dalla Telecom: ci potevo pensare e decidere solo dopo aver provato i due mesi gratis. Mi aveva anche promesso due SIM gratis oltre a quella della ******, il cui utilizzo mi sarebbe stato addebitato sul mio conto se le avessi usate. Nonostante la mia lunga esperienza di AltroConsumo come una cretina avevo firmato...
Informatami poi sui reali termini dell'offerta e avendo capito che era meglio recedere subito, il giorno 27 giugno spedivo raccomandata con ricevuta di ritorno (regolarmente ritornatami) all'indirizzo del servizio clienti ******, in seguito alla quale, durante il mese di luglio, venivo contattata da una loro operatrice che mi chiedeva la ragione di questo recesso, confermando la regolarità dei termini dello stesso.
Nel frattempo avevo informato via e-mail il suddetto agente della mia volontà di non procedere, dopo che aveva tentato ancora di convincermi di avere ragione lui.
Il tre luglio ricevevo tre SIM dalla compagnia che aveva mandato l'agente , che prontamente rispedivo per raccomandata allo stesso indirizzo di provenienza ed all'attenzione del sig. S.
Sempre durante il mese di luglio ricevevo una telefonata dal corriere, al quale comunicavo il rifiuto di ricevere il modem, nonché una telefonata da un altro operatore, che mi chiamava per l'attivazione, al quale pure comunicavo la mia volontà a non procedere. Da quest'ultimo ricevevo rassicurazioni sul fatto che non ci sarebbero stati ulteriori disguidi.
Ignoravo peraltro le comunicazioni scritte con cui ****** mi ringraziava della scelta, nonché l'sms con cui mi si offrivano 250 punti *****... Tanto però per sottolineare la qualità del servizio, le comunicazioni via posta normale di cui sopra sono state ben tre - identiche, due spedite lo stesso giorno e una una settimana più tardi.... Inoltre il sig. S. mi aveva detto che, per provare la differenza con Telecom, il 1** avrebbe risposto SUBITO con un operatore senza selezione di numeri: quando ho provato a giugno, l'operatore non era nemmeno un'opzione, com'è invece diventata ora (naturalmente è l'ultima opzione e per la quale cercano di scoraggiarti informandoti delle lunghe attese).
Oggi la doccia fredda: ricevo un conto telefonico di 120 euro addebitatomi sulla carta di credito, da cui risulta l'attivazione delle SIM sopra citate (compresa quella per l'apparecchio) - che è evidentemente stata fatta in maniera truffaldina dal suddetto sig. S...
"Fortunatamente" sono riuscita a chiamare il *** e a parlare con un'operatrice gentile, che ha inserito il reclamo e mi ha consigliato di spedire una raccomandata A/R completa di fotocopia del documento di identità, in cui chiedo la disattivazione delle tre SIM e il rimborso di quanto addebitato, e nella quale ho descritto anche quello che è successo con nomi e cognomi, minacciando le vie legali grazie al vostro aiuto...
Ho un piccolo Olimpo personale dove si posizionano persone con le quali mi sento in comunione dell'anima.
Alcune sono conosciute: amici, colleghi... come tanti di quelli conosciuti grazie a PASW.
Altri sono sconosciuti; sono i miei artisti preferiti: scrittori, musicisti, attori...
Nella categoria "scrittori", a pieno titolo è entrato in questi giorni Jonathan Coe, di cui ho già parlato in queste pagine quando lessi Closed Circle. Va a posizionarsi accanto a Lodge e a Sacks, tra quelli cioè di cui vorrei possedere e leggere tutto. Ho infatti letteralmente divorato il suo ultimo romanzo, The Rain Before It Falls (che ha già un paio di anni), ed era cosa che non mi capitava da tantissimo. Non so spiegare cosa mi abbia tenuto così attaccata ad una storia di tragico seppur non amaro realismo, che ha ben poco di divertente. Ma ancora una volta Coe mi ha catapultato dentro il suo romanzo, e una volta dentro dentro non ci si può staccare, se non alla fine, quando l'impressione è quella di congedarsi da degli amici, persone che quasi quasi vorresti ti scrivessero almeno a Natale per sapere come va...
Mi sa che prima o poi dovrò creare la categoria "lettere" visto che ogni tanto mi parte lo sghiribizzo di scriverne una al giornale locale, con dovuta anteprima in questo spazio...
Cara Provincia,
ti scrissi più o meno la stessa lettera una dozzina di anni fa, allora addirittura "promossa" in cronaca di Como!
La situazione non è cambiata. Parlo del passaggio a livello di Como Borghi.
Ora come allora, nonostante i cambi di orario avvenuti, che raramente fanno incrociare i treni in arrivo da Milano e Como Lago, il passaggio a livello si chiude con inspiegabile anticipo (ben prima che da una parte o dall'altra ci sia un treno in vista) e si apre con snervante lentezza, creando, se va bene, innervosimento negli automobilisti e ginniche prodezze da parte dei pedoni; se va male, cioè se è un'ora di punta, creando una fila in via Petrarca che spesso si riflette anche sulla viabilità di via Dante. Sembra che gli addetti di servizio alla stazione se ne freghino, e quasi traggano godimento da ciò. Dove infatti il passaggio a livello è automatico (viale Battisti e viale Lecco) questo rimane chiuso per lo strettissimo tempo necessario.
Due esempi. Sabato dovevo prendere il treno per Milano in partenza alle 13.50. Sono arrivata in stazione alle 13.41 che il passaggio a livello si stava chiudendo; il display annunciava un ritardo di 7 minuti del treno delle 13.40 proveniente da Milano. Questo è infatti arrivato dopo qualche minuto e ripartito alle 13.47. Ma ecco l'attesa del treno per Milano, arrivato alle 13.51. Sono salita che le sbarre eranno ancora abbassate; immagino si siano alzate quando il treno era già partito. In viale Battisti si erano abbassate, rialzate, riabbassate e rialzate; a Como Borghi sono state chiuse per 10 minuti, in una giornata di mercato e quindi "calda" anche ad un'ora post-prandiale. E in effetti la mia permanenza in stazione è stata accompagnata da festosi clacson...
Ieri sera ero invece motorizzata ed in colpevole ritardo; arrivavo da via Dante e dovevo lasciare la macchina in via Carloni per recarmi alle 19 in via Grossi; erano le 18.51 e mi è stato impossibile girare a sinistra in via Petrarca. Per evitare di peggiorare l'ingorgo che già c'era mi sono fatta un giretto in via Dottesio e, fortunatamente, un paio di minuti dopo la coda era svanita.
Per completezza, aggiungo che la corsia di scorrimento creata in fondo a via Petrarca per consentire la svolta a sinistra è spesso indebitamente occupata da macchine con o senza doppia freccia, specialmente nei giorni di mercato.
Probabilmente il mio è il segno della mancanza di pazienza tipica di tutti quelli che si trovano a transitare di lì. Forse si potrebbero organizzare dei mini corsi di yoga in prossimità della stazione; peccato che l'inquinamento creato dalle troppe macchine che nemmeno si sognano di spegnere il motore probabilmente ne vanificherebbe l'effetto salutare.
Non è facile tornare a scrivere dopo oltre un mese; è un po' come quando non si vede o sente qualcuno da molto tempo e la procrastinazione è data non solo dalla mancanza di tempo ma anche dalla fatica delle scuse...
Re-inizierò con qualcosa di non troppo personale, comunque; un libro.
Ho finito di leggere ieri sera Words Words Words di David Crystal, eminente linguista e autore inglese che, nella sua lunga carriera, ha saputo fare divulgazione rigorosa su lingua e linguaggio. Ha raccontato al pubblico non accademico della storia e del funzionamento dell'inglese (The English Language) e della sua diffusione e differenziazione nel mondo (The Stories of English); ha raccolto, in un densissimo ma godibilissimo compendio, molto di quanto si sa sui linguaggi non solo verbali (The Cambridge Encyclopoedia of Language); ha spiegato ai curiosi come funziona e che senso ha la grammatica (Rediscover Grammar e Making Sense of Grammar) ma anche come piegarla per giocarci (Language Play) - e questo è tanto per nominare i libri che conosco io.
Nell'ultimo letto, Crystal celebra la ricchezza e la diversità del lessico inglese, partendo da come impariamo e immagazziniamo le parole per arrivare a come ne plasmiamo di nuove, ne cambiamo il significato, ci divertiamo con esse. In effetti rende onore non all'accademia ma a chi AMA le parole senza che ci sia un perché e si fa esaltare dalla loro storia, dalle loro parentele o dallo scoprirne di nuove o bizzarre.
"Wordsmithery - or lexycology, as linguists call it - is a fascination that demands regular and repeated treatment" (La perizia nelle parole - o lessicologia, come la chiamano i linguisti - è una fascinazione che necessita di regolari e ripetute terapie). Come a dire - forse non serve a niente ma che bello, che bello, che bello...
Un libro così è quanto di più lontano si possa immaginare da un approccio "alla Crusca" - non c'è rigidità accademica, distanza voluta dal lettore, non c'è puzza sotto il naso. Non c'è condanna di ciò che alcuni considerano scorretto o degenerato, non ci sono ricette per "parlare bene".
Il libro è come se fosse una massiccia dose di ... piacere ...
E per chi non ne ha abbastanza, tutta la parte finale contiene suggerimenti per averne sempre di più, suggerendo come calcolare il "volume" del proprio lessico passivo e dove trovare (in siti e libri) altre notizie, altre ... dosi....
Non so cosa darei per trovare una controparte italiana, ma ho l'impressione che sia un'impresa non facile.
I libri degli accademici sono per accademici, interessanti forse ma spesso noiosi se non spocchiosi (oltre che costosi e in formati molto poco friendly.... ). Esiste forse qualche libro più divulgativo, scritto però da giornalisti più esperti nell'uso che nell'analisi approfondita.
Trovo che la bellezza di libri come questo sia che la divulgazione non è banalizzazione; nella sua comprensibilità e godibilità è percepibile la profondità dello studio che sta sotto e dell'insegnamento che se ne riceve.
Non ho mai visto David Crystal dal vivo, ma me lo immagino anziano signore inglese un po' sgarrupato, altrettanto a suo agio e "in sintonia" tra gli amici al pub, in famiglia o in mezzo a un gruppo di linguisti di spicco, con l'occhio vispo e l'orecchio teso a cogliere qualcosa in più-
Per concludere su una nota scanzonata e ... scatologica... mi piacerebbe sapere quale professore universitario italiano metterebbe in evidenza come sia la parola "science" che la parola "shit" abbiano la stessa origine. La radice indeuropea *skei- (dividere, separare) infatti è alla base della prima (nel senso di "separare una cosa da un'altra" - evidente anche in parole come "skill", scisma, coscienza...) ma anche della seconda (nel senso di "separare gli scarti dal corpo"). Bellino, no?
Non avevamo i computer, i videogiochi, Internet o la playstation; non avevamo lettore mp3 né telefonini; il massimo della tecnologia per me era quel gioco modello "ruota della fortuna" che diceva "A - APE" ... quando tiravi una cordina e si selezionava una lettera. La TV quella sì ce l'avevamo, ma era regolata da orari ben precisi, scanditi "in remoto" (niente programmi di mattina; di pomeriggio durante la settimana la TV dei bambini era seguita dalla TV dei ragazzi; dopo il telegiornale c'era Carosello e poi il film) e implementati "in locale" (la TV dei ragazzi mi era proibita fino ad una certa età; rigorosamente alla sera si andava a letto dopo Carosello).
Sarà per questo, forse, che ciò che vedevamo mi pare assai più memorabile di quello che si vede adesso. Non credo sia solo una questione di età e di nostalgia; per i bambini d'oggi c'è un tale sovraccarico di possibilità, di scelte e di informazioni che a volte faticano a ricordare o a distinguere o ad applicarsi ad una cosa più a lungo di un tot.
Comunque, in questi giorni ho regalato alla Guendi il libro Vacanze all'Isola dei Gabbiani (Vi p? Saltkr?kan), e questo ha suscitato ululati da parte dei grandi più che dell'interessata, che si è limitata a dire "Ma è bello???".
Non voglio paragonare o confondere i libri con le riduzioni televisive o cinematografiche, e ho regalato il libro perché sono sicura che sia una storia bella, ben scritta, adatta ad un'undicenne. Però tutti i 4 adulti presenti, e tutti quelli con cui ne abbia mai parlato, avrebbero un desiderio fortissimo di rivedere lo sceneggiato. Già allora quell'isola, quei bambini così seguiti e amati eppure così liberi, le casette di legno, e quella spiaggia... già allora sembravano un idillio. Oggi lo sembrerebbero certo di più.
Purtroppo pare esistano solo i DVD in versione svedese e tedesca, in entrambi i casi senza sottotitoli in alcuna lingua. Se solo ci fossero stati gli originali coi sottotitoli in inglese li avrei presi senza esitazione. Così com'è, sono un po' restia a spendere 42 euro pere un box interamente in svedese.
Mi sono accontentata dunque di guardarmi questo spezzone su YouTube (in svedese, naturalmente)... Dedicato a tutti i grandi ancora un po' bambini dentro.
Finalmente sono riuscita a scrivere la lettera al direttore a cui pensavo già da molto tempo. Ormai, nelle vie nominate, maleducazione e mancanza di rispetto delle regole hanno raggiunto alte vette. e io non manco di inca**armi...
Ecco qui, in anteprima se mai la pubblicheranno.
"Egregio Direttore,
visto che gironi e girini sono sempre più popolari nella nostra città, non capisco come mai nessuno abbia mai pensato di crearne uno nel quadrilatero via Briantea, via Teresa Ciceri, via don Minzoni e via Piadeni.
Diversi anni fa fu cambiato il senso di marcia del secondo tratto di via Ciceri in modo da permettere la svolta a sinistra per chi provenisse dal ponte di San Martino, impedendo la stessa verso via Piadeni. La via Briantea infatti è stretta in quel punto e si creano code quando più di una macchina aspetta di svoltare. Questa la teoria.
Quello che succede nella pratica invece è che almeno l'80% delle macchine che deve dirigersi verso via Piave ignora il divieto e imbocca via Piadeni. Quest'ultima è afflitta anche da macchine in sosta fuori dai parcheggi regolari - sia in prossimità dell'angolo sinistro con via Briantea sia, talvolta, sul marciapiede; le vetture vicino all'angolo costringono chi svolta regolarmente provenendo da via Dottesio ad allargare fino ad invadere la corsia opposta, quelle sul marciapiede restringono una strada già stretta.
Anche la via don Minzoni non è esente da problemi, anche a causa del concessionario Fiat e di ditte che vi hanno sede; pur essendo abbastanza larga, le macchine e i camion fuori dalla sosta regolare in seconda o terza fila spesso la rendono impraticabile nei due sensi.
La mia proposta è simile a quello che è già stato fatto quando la via XX Settembre è divenuta a senso unico. Trasformando via don Minzoni e via Piadeni in due sensi unici (l'una verso il Cosia, l'altra verso via Briantea) e creando un giro che va da via Briantea a via Ciceri a via don Minzoni a via Piadeni, si potrebbero avere più parcheggi, impedire definitivamente la svolta ora solo formalmente vietata, rendere scorrevole il traffico in via don Minzoni, dove le macchine non dovrebbero più fermarsi per vedere se ne arrivano altre da via Piadeni o dal Cosia e dove, in teoria, ci sarebbe spazio per due corsie, una per le macchine che devono svoltare a sinistra, una per quelle verso destra. Già ora alcuni sembra che pensino sia così quando c'è coda...
Certo, chi ora svolta a sinistra in via Piadeni sarebbe costretto a fare il giro più lungo... Niente che, ripeto, non si sia già visto in altre vie senza grossi traumi.
Cordialmente
CC"
Per qualche giorno ne hanno parlato in tutte le salse, adesso è tanto se si vede un breve trafiletto sui giornali o se se ne dicono poche parole alla radio o in TV.
Riporto comunque qui quanto ho ricevuto oggi:
<< Un APPELLO al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sul destino della Birmania (Myanmar) è stato messo online qui: http://new.petitiononline.com/9848/petition-sign.html
DEDICA 30 SECONDI del tuo tempo per aiutarci e firma la petizione!
Diffondi questo appello! GRAZIE per il tuo aiuto.
Firma la petizione e non scordare di giungere sino alla schermata con scritto: "Approve signature" ("Approva la firma"!!)
Se hai possibilità di mettere in rete quest'appello... fai ciò che puoi..!! >>
Tacchino a fette; una mela e mezzo; un cucchiaio di uvette e uno di cranberries ammollati per qualche minuto; una cipolla; tre piccole patate; un cucchiaio di aceto; un cucchiaio di zucchero; sale; cannella e zenzero in polvere.
Ho pestato le fette di tacchino e le ho disposte le une vicine alle altre per poterle poi arrotolare insieme. Ho farcito con pezzettini di mela, uvette, cranberries (facoltativi), un po' di cannella e poco zenzero, arrotolando e legando con spago da cucina. Ho soffritto la cipolla in una teglia di ghisa smaltata, vi ho rosolato la carne farcita, salandola dopo che aveva preso colore, poi ho aggiunto la mela, le uvette e i cranberries avanzati e le patate a pezzettini insieme con un cucchiaio di aceto, uno di zucchero e un po' d'acqua. Ho infilato la teglia in forno pre-riscaldato a 180? e lasciato cuocere per circa 3/4 d'ora.
Per ora nessuno dei due commensali è morto e quello che non è la scrivente si reputa soddisfatto e sazio. :-)
Ho appena finito di rileggere il libro Words and Rules di Steven Pinker di cui ho già parlato tempo fa in questa sede.
Nonostante le critiche che mi è capitato di trovare in giro per il web e qualche perplessità che mi è sorta qui e là, l'ho trovato estremamente interessante (anche questa volta intendo) e molto plausibile.
L'autore sostiene che il linguaggio è regolato essenzialmente dall'interazione tra un dizionario mentale che viene memorizzato (e che comprende parole, locuzioni, forme irregolari ecc.), e un set di regole (prefissi, suffissi, desinenze, declinazioni..) che deduciamo o impariamo e che ci permettono di generare combinazioni infinite e di manipolare le parole nuove. Queste due funzioni sarebbero controllate da aree diverse del cervello.
Per provare la sua tesi usa il funzionamento dei verbi regolari e irregolari in inglese. Quasi tutto il libro (di oltre 300 pagine) gira infatti intorno a quell'argomento, ragione per cui non credo sia stato tradotto in altre lingue, o quantomeno non in italiano.
Gli irregolari sarebbero voci memorizzate nel dizionario mentale, benché siano in effetti residuati di quelle che erano "regole" una volta; quando abbiamo bisogno di coniugare al passato un verbo come "give", dobbiamo "bloccare" l'applicazione della regola (che ci direbbe di aggiungere il suffisso -ed) e usare invece "gave", a patto di riuscire a recuperare la forma irregolare abbastanza velocemente. Se non siamo tanto sicuri, per esempio perché il verbo è a bassa frequenza d'uso, è possibile che ricorriamo all'uso della forma regolare; se questo fenomeno si ripete spesso per quel particolare verbo, la forma irregolare si perde nello spazio di poche generazioni.
Pinker non ignora comunque nemmeno il fenomeno contrario e cioè la creazione di nuove forme irregolari per analogia con altre "simili" già esistenti.
La teoria è frutto di una ricerca fatta anche attraverso esperimenti con bambini, adulti di ogni età e livello di istruzione nonché attraverso l'osservazione degli effetti di specifiche difficoltà di apprendimento, di lesioni cerebrali o malattie come l'Alzheimer o il Parkinson.
Non mancano i riferimenti filosofici, che qualcuno valuta come deboli ma che a me, nella mia grande ignoranza in materia, sono sembrati interessanti. In particolare mi è piaciuto l'ultimo capitolo che si chiama "A digital mind in an analog world" (cioè, "una mente digitale in un mondo analogico"), dove Pinker suggerisce che la mente umana è un sistema ibrido che maneggia sia universali netti e immutabili, che determinano l'appartenenza ad una precisa categoria, sia associazioni (o "familiarità") sfocate, che si sovrappongono in parte l'una all'altra - un po' come i cerchi olimpici (in particolare fa riferimento ad Aristotele e a Wittgenstein). Gli universali ci servono per poter meglio ragionare e predire comportamenti o risultati. La familiarità è quella invece che ci consente comunque di trarre delle conclusioni da ciò che osserviamo nel momento in cui sarebbe troppo complesso applicare tutte le regole in gioco. "Molte delle cose che ci circondano non potrebbero essere definite da nessuna raccolta di leggi perché hanno preso forma da una miriade di eventi storici che non sono più visibili a noi". Come i verbi irregolari.
"Abbiamo visto come molta delle ricchezza della lingua venga dalla tensione tra parole e regole. Allo stesso modo, molta della ricchezza nella sfera pubblica viene dalla tensione tra le categorie di familiarità costruite attraverso l'esperienza e le categorie classiche definite da scienza, legge, costumi. Le categorie di familiarità risuonano di senso comune ma ci lasciano interdetti di fronte a ciò che non sembra né carne né pesce. Le categorie classiche offrono nette separazioni ma spesso danno l'impressione di essere legalistiche, pedanti o astruse. (...) Abbiamo una mente digitale in un mondo analogico. O meglio, una parte delle nostre menti è digitale. Ricordiamo entità familiari e i loro tratti graduati e trasversali, ma generiamo anche nuovi prodotti mentali ragionando per regole.(...) Le parole e le regole danno origine al vasto potere espressivo della lingua, permettendoci di condividere i frutti del grande potere creativo del pensiero."
Amen
E per una sintesi (di circa un'ora) ecco il video di una lecture di Pinker stesso sul libro. (mi è stato molto utile per "ripassare") http://mitworld.mit.edu/video/143/
Ho preso l'ispirazione da tre piattini dell'Ikea che stavano ad asciugare ... uno giallo, uno verdino e uno azzurro. Era bellissimo vederli insieme e ho cercato di riprodurre quell'accostamento anche nel mio sito. Il limite - se così si può chiamare - è che bisogna rispettare i contrasti minimi perché le scritte siano leggibili sullo sfondo, quindi non ho potuto essere esageratamente audace, comunque sono contenta del risultato.
I cambiamenti principali li ho apportati al sito ma qualcosa si nota anche qui.
E per chi non avesse ancora mai usato un css: ma lo sapete quanto è comodo cambiare in un file solo ed eventualmente cambiare idea di nuovo?
Ho messo insieme alcuni pensieri che ho postato sul forum della scuola in un thread che riguarda alcune scritte apparse qualche mese fa sui muri esterni dell'istituto a seguito (mi pare) di uno show andato in scena nell'aula magna dell'università (che, per chi non lo sapesse, una volta era del Seti) . Lo show era di un gruppo di musica dichiaratamente militante nella destra estrema, le scritte erano di stampo estremista di sinistra.
Chi ha iniziato il thread ha simpatie per una delle suddette frange estreme, e ha fatto comparire in classe simboli e volantini che mi hanno fatto stare piuttosto male - anche in virtù del fatto che è la classe dove mi trovo meglio. Stamane ne parlavamo con una mia collega, che si è dimostrata molto equilibrata e molto molto apprezzabile per ciò che mi ha detto. Da questa discussione sono scaturiti questi pensieri, che riporto qui perché questo blog è e vuole essere anche un archivio di quello che sono le mie opinioni.
"Vorrei fare due riflessioni, collegate ma da distinguere.
Una è che le scritte vandaliche sono deprecabili qualunque sia la loro "destinazione": i muri esterni di una casa privata o di un edificio pubblico, ma anche i banchi di scuola che qualcun altro dovrà utilizzare o pulire, i muri di una classe o di un laboratorio e quant'altro.
Denotano una mancanza di rispetto dell'altro, chiunque questo sia, qualunque siano il suo pensiero o le sue simpatie.
Se solo chi si rende colpevole di questi atti si fermasse a pensare, a mettersi nei panni dell'altro, forse ci penserebbe almeno due volte. In fondo molti di voi hanno sottolineato il fastidio che provano se le cose toccate appartengono a loro.
La seconda riflessione riguarda invece la politica a scuola.
Trovo che sia inevitabile che si trovino insegnanti e alunni che la pensano in maniera diversa, e trovo che sia anche compito della scuola promuovere il dialogo, insegnare a distinguere quali sono i pensieri di una parte e i pensieri dell'altra ma anche a rispettare e valutare criticamente le opinioni diverse dalle proprie.
Io però alla stregua delle scritte sui muri valuto i volantini, i simboli, gli slogan di stampo estremista che compaiono dentro la scuola e dentro le classi.
E, per par condicio e assolutamente a prescindere da quelle che sono le MIE simpatie politiche o le mie opinioni, ci metto dalle affermazioni contro la polizia ai volantini di azione giovani, dalle croci celtiche alle falci e martello .
Forse perché nella mia vita (più lunga di quella di molti di voi) ho avuto momenti di "assoluta certezza" che si sono sciolti nel dialogo, nel confronto, nel porre attenzione a quello che chi non urlava aveva da dire; forse perché sono di natura refrattaria agli estremismi; forse perché ogni volta che penso qualcosa provo a pormi in situazione dialettica, a valutare i pro e i contro, o a che cosa "farei io se...". Fatto sta che mi infastidiscono e fanno star male tutte quelle manifestazioni di prevaricazione (o auspicata tale) dell'uno sugli altri, le ingiustizie, i razzismi di qualunque colore.
Ci ho pensato un po' prima di scrivere questo. Vuole essere un augurio perché ognuno di voi impari a pensare con la propria testa e non con quella dei suoi genitori o dei suoi insegnanti o del proprio gruppo di coetanei."