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Sun 06 August 17
Goodbye
Questo blog è definitivamente chiuso; il sistema è inaggiornabile, le possibilità di autoespressione sono ormai diventate altre, i collegamenti che c'erano (ora nascosti) sono diventati tutti obsoleti. Diverse decine di migliaia di commenti ricevuti in questi ultimi anni soo ormai solo spam, cancellarli tutti mi porterebbe via più tempo di quanto non valga la pena di sprecare.
E' stata un'ottima palestra e un bel modo per conoscere qualcosa più di me e di farmi conoscere a qualcuno che è poi diventato molto importante nella mia vita.
Quindi
Viva il Weblog di Claudia
Goodbye al Weblog di Claudia.
15:58:06 -
Claudia -
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riflessioni
Thu 18 October 12
Il mercato delle ore
A seguito di una bella citazione di Einaudi postata da una mia carissima collega (che allegherò in calce) su Facebook e di un commento ad essa, ho scritto un commento che è un po' uno sfogo, ma rappresenta sia la mia esasperazione che un mio modo di vedere. Siccome sono per il riciclo e non voglio perdermi i momenti di ispirazione, e forse anche perché attendo di vedere le reazioni di chi come me nella scuola ci sta, copio-incollo-adatto qui. Credo che nessuno ormai frequenti questo luogo ma pace.
La citazione (vedi fondo) è molto bella e la condivido, ma il vero danno non lo ha fatto il ministro (riferimento al commento) bensì tutti quei nostri cari colleghi che hanno interpretato alla lettera l'idea delle 18 ore settimanali, tutti quelli che cercano di entrare tardi e uscire presto per poter fare tutte le altre cose che fanno che non c'entrano con la scuola, tutti quelli che se ne sbattono delle classi, del loro lavoro e sanno solo reclamare per i loro presupposti "diritti". Non sono la stragrande maggioranza dei docenti ma sono quelli che fanno rumore nell'opinione pubblica e che fanno dire alla gente fuori "ma come, si lamentano per 6 ore in più? " Se 6 ore in più sono ore da passare a scuola, per programmare, recuperare, fare supplenze brevi e fare finalmente un ca**o di orario didattico (visto che non ci sarebbe più da far uscire presto questo e quello) allora ben vengano. Io sono stufa e arcistufa, anzi mi sono proprio rotta le palle di prendere lo stesso stipendio di chi non ha compiti da correggere, non ha da preparare, magari ha la metà degli alunni che ho io (ovviamente la mia collega capisce) e può permettersi di fare un altro lavoro o fare molte più ore di cattedra retribuite. Oppure viene a scuola e dorme o legge il giornale o entra un quarto d'ora dopo e esce dieci minuti prima; e non lo sto dicendo per sentito dire, perché a scuola ci sono. Facciamoci un orario pieno a scuola, entriamo in classe le ore che è umano entrare, e per il resto lavoriamo a scuola per la scuola; e, insieme ad una retribuzione adeguata, magari differenziamo per funzione o per numero di alunni. Questa sarebbe una riforma vera. Ma non si farà mai non per colpa di Profumo ma perché sempre e sempre si continueranno a confondere le necessità della scuola con l'idea che la scuola sia anche un ammortizzatore sociale, fatto per creare e tutelare dei posti di lavoro, che è legittimissimo per carità, ma non per dare posto a cani e porci tenendoceli per sempre. Bisogna tutelare chi fa quello che deve fare, e lottare per farlo, e lottare perché chi, giovane, ha i numeri per farlo possa avere la speranza di farlo. E invece no, continuiamo ad andare avanti per slogan da manifestazione ... (naturalmente la citazione non è uno slogan e, ripeto, la condivido in pieno).
Vorrei aggiungere al commento anche per chi non è nella scuola che se fossero invece sei ore di cattedra, per me significherebbe due classi in più, quindi a naso circa 50 alunni in più, ergo circa 400 verifiche in più da correggere all'anno, una dozzina di ore di consiglio in più, insieme a tutte le scartoffie da compilare, 50 genitori in più da vedere ecc ecc ecc.
E ora la citazione:
“Gli insegnanti, il cui orario settimanale è andato via via aumentando, sono diventati delle “macchine per vendere fiato”. Ma “la merce “fiato” perde in qualità tutto ciò che guadagna in quantità. Chi ha vissuto nella scuola sa che non si può vendere impunemente fiato per 20 ore alla settimana. La scuola a volerla fare sul serio logora. E se si supera una certa soglia nasce una “complicità dolorosa ma fatale tra insegnanti e studenti a far passare il tempo”. La scuola si trasforma in un ufficio, o in una caserma, col fine di tenere a bada per un certo numero di ore i giovani; perde ogni fine formativo.”— Luigi Einaudi
18:13:04 -
Claudia -
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riflessioni
Wed 22 September 10
Grandi piccolezze
Il solito S.R. colpisce ancora. Sulla Provincia di stamane l'ennesima lettera; la lamentela oggi era sulla mancata introduzione dei pedaggi su autostrade e tangenziali del sud, cosa che, secondo un ragionamento abbastanza contorto (e disgustosamente colorito), sarebbe sintomo di razzismo nei confronti degli abitanti del nord che invece li pagano. Si vede che non ha altro a cui pensare.
Lungi da me entrare nel merito della faccenda; sull'iniquità del caso potrebbe anche avere ragione. Ma le lettere di S.R. mi causano un particolare ribrezzo, non riesco a tollerarle. Certe persone andrebbero vestite a forza nei panni di quelli che tanto disprezzano per provare a vedere se è davvero tutto così bianco o ne(g)ro...
Ci pensavo già prima di leggere il giornale a dire il vero. Ieri sono rientrata a scuola e ho trovato due alunni stranieri nuovi. Uno è in prima, viene dal Ghana e pare sempre sorridente; è qui da pochi mesi ma riesce a dire qualche parola in italiano ed era già coi nuovi compagni all'intervallo. Pare anche che sia stato contento quando la prof. di chimica gli ha dato delle fotocopie in inglese sulle basi della propria materia che, per caso, mi trovavo ad avere in cartella io. L'altro è in seconda anche se ha 16 o 17 anni, viene dalla Sri Lanka ed è appena arrivato. Ho potuto scambiare solo poche parole con lui ma ieri l'ho visto guardarmi con gli occhi sgranati e increduli mentre cercavo di far parlare a spizzichi e bocconi alcuni suoi compagni sulle letture date per l'estate; oggi invece nell'intervallo si aggirava fuori dalla presidenza (con grande disperazione di una bidella che non riusciva ad intendersi); era preoccupato di non essere stato avvisato sull'inizio dei corsi di italiano (di cui non sa un parola). L'ho rassicurato spiegandogli che i corsi non sono ancora iniziati, e che comunque nelle mie ore potrà portarsi del lavoro da fare in italiano (quando ne avrà) e la mia valutazione nei suoi confronti sarà personalizzata. Sempre durante l'intervallo, ho intravisto un ragazzo orientale seduto su una panchina in corridoio, da solo, con lo sguardo fisso davanti a sé. E in quei panni per un poco mi ci sono messa.
Ma io, che ho vergogna a chiedere un'indicazione stradale in Italia, come mi sentirei se ad un certo punto mi trovassi proiettata in un paese all'altro capo del mondo, dove parlano una lingua che non capisco, in una scuola che funziona in maniera totalmente diversa da quella a cui ero abituata, con materie che non conosco o che mi paiono insegnate ad un livello infimo rispetto a quello che mi parrebbe adatto a me (per esempio matematica), con tanti compagni che mi paiono un po' bambini, con qualche persona che cerca di aiutarmi ma alla fine ha la sua vita e i suoi problemi, e con molto altri che se va bene mi ignorano e se va male mi vedono come un fastidio o, peggio, con ostilità? Io che non ci volevo mica venire qui. Io che sento la mancanza dei miei profumi, dei miei cibi, di quello che so che trovo andando a casa...
Chissà se S.R. ci pensa mai.
Eh, non voglio farla facile. Non voglio dire che la nostalgia si cancelli coi sorrisi e la comprensione, né che la piena integrazione di chiunque arrivi sia realizzabile a prescindere, cioè che bastino organizzazione e umanità. Ma aiuterebbe.
Intanto oggi, mentre tornavo a casa a piedi con Harper Simon e poi i Love nell'orecchio, col profumo dei fichi e dell'olea fragrans nel naso e senza l'assillo dei 57 quaderni da correggere (finiti!) mi sono sentita fortunata come una regina.
16:53:19 -
Claudia -
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Mon 13 September 10
Obbligo d'istruzione
Domani, nell'ambito del "progetto accoglienza", devo andare in una delle mie prime ad illustrare "l'obbligo di istruzione a 16 anni". Sorvolerò sul fatto che, nel secondo giorno di scuola, andare da dei quattordicenni un po' spaesati a raccontare delle "otto competenze chiave di cittadinanza" e dei "quattro assi culturali" mi pare quanto meno noioso se non perfettamente inutile. E vado al punto.
Facendo una ricerca per ovviare alla mia inescusabile ignoranza in materia, ho scoperto che con i vari interventi legislativi dal '99 ad oggi, coi quali si è esteso l'obbligo di formazione a 18 anni e di istruzione a 16 anni, non si è pensato di introdurre specifiche sanzioni per chi l'obbligo non lo fa rispettare. La Cassazione nel 2008 ha respinto un ricorso contro l'assoluzione di genitori che non avevano fatto assolvere l'obbligo ai figli minori di 18 anni, spiegando come l'ultima esplicita estensione dell'articolo 731 del codice penale (classe 1930, che prevede sanzioni per il non rispetto dell'obbligo di istruzione elementare) risalisse al 1962, quando fu prolungato l'obbligo alla terza media; l'ammenda di ben 30 euro è quindi comminabile solo finché i figli assenteisti non abbiano compiuto 15 anni.
Ora, non credo che si combatta l'evasione scolastica a colpi di multe, né credo che il fatto di prevedere una sanzione più corposa ed estesa a coprire i nuovi limiti di obbligo possa in alcun modo riempire le voragini che si sono formate tra quelli che sono i proclami ministeriali e quello che la scuola riesce davvero ad offrire e certificare. Mi chiedo però quale significato devo attribuire al sostantivo "obbligo". Spero tanto che non me lo chiedano domani.
16:08:39 -
Claudia -
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riflessioni
Thu 09 September 10
Della moda
Sono nata in Italia e come mi vesto mi interessa. Mi interessa indossare capi che mi piacciono, adatti all'occasione e che mi pare mi stiano bene. Non sempre sono convinta al 100% di quello che metto, spesso me ne stanco, talvolta osservo gli altri per prendere spunto, non infrequentemente ho l'impressione di non avere quello che vorrei. Quindi non ne voglio fare una questione di "chissenefrega, datemi uno straccio e me lo metto, basta che mi ripari". E anche il mio occhio si è a più riprese abituato ad alcuni canoni... Mi ricordo di quando, nel 1980, indossai un mini kilt londinese comprato nel 1970 da mia madre e, in un momento in cui la gonna era sempre e solo sotto il ginocchio, esclamai "che schifo le ginocchia scoperte!", salvo ricredermi nel giro di un paio di anni. Anch'io sono in qualche modo schiava dell'apparire.
Ma ci sono un sacco di cose che proprio non capisco e non capirò mai.
Un conto è riadattarsi a vedere l'orlo del pantalone che sale sopra o scende sotto la caviglia; idem per la lunghezza delle gonne, l'altezza della vita, la larghezza dei maglioni. Da questo punto di vista oggi forse c'è un po' di tutto, o quantomeno c'è più varietà rispetto agli anni '80, quindi forse più libertà.
Un altro conto è accettare acriticamente cose palesemente orrende, scomode e spesso costose in nome delle nuove mode.
Partiamo dalle assurdità; prendiamo per esempio i pantaloni da donna col cavallo al ginocchio: sembrano nascondere un pannolone e credo rendano impossibile un incedere normale, per non parlare del correre (attenzione se dovete prendere un autobus); fanno il paio coi pantaloni da ragazzo portati con la "vita" a metà fianco e tendente a scendere anche oltre, il cavallo a metà coscia e le mutande in mostra...
Restando sul tema del "metter in mostra ciò che si farebbe meglio a tenere nascosto" (citazione personale dal mio prof di latino), stamane guardavo un servizio di moda dove "il tubino a bustier con scollo a cuore" non nasconde "un top nero che esce dal décolleté" ... Oppure "l'abitino a sottoveste con scollo quadrato" che ancora una volta NON nasconde una sottoveste nera con le spalline e scollo di altra forma e le coppe a reggiseno... ma perché devo mettere in mostra la mia biancheria intima???? Sta male, santo cielo, sembra che ci sia alzate e vestite senza guardarsi allo specchio.
E che dire dei jeans nuovi strappati ad arte, di cui è regina madame Beckham (ma non era "posh" una volta?); ma perché devo spendere (anche tanto) per una cosa già rovinata? Idem per gli stivali di camoscio già lisi in punta o per i capi che sembrano tinti in un bucato andato male... E' uno spregio per la miseria vera.
Sorvolerò sulle assurdità che molte si mettono ai piedi per osservare che, a mio parere, anche il capo più bello deve stare addosso a chi se lo mette: le ballerine, che in teoria mi piacciono, coi miei polpacci fanno a pugni; un abito a bustier può essere molto elegante (SENZA top sotto) ma non per chi, come me, senza reggiseno mostra l'inesorabile forza della gravità; infine, finché posso evitare di mettere in mostra i miei rotolini lo evito.
E poi, al di là di tutto, i prezzi che molte delle cose più brutte o che donano di meno, fatte male e di stoffe cattive ma "firmate" , sono davvero inauditi e ingiustificabili. Mia madre alla mia età, quando poteva spendeva anche tanto ma per capi che le duravano anni e dalla linea inattaccabile. Ora molto spendono solo per farlo vedere, ma senza etichetta che lo certifichi non lo si capirebbe di certo.
Santa Audrey, fai scendere un po' di ispirazione su questo mondo sempre più folle!
17:11:37 -
Claudia -
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riflessioni
Sun 18 July 10
On the paradoxes of using the Internet: are we the writers?
Just over 10 years ago people who enjoy the Internet but are not native users started marvelling at the opportunities that web 1.0 offered. First it became possible to communicate with friends, family and colleagues without having to rely on slow or intrusive means. Not only. We all remember the agony of finding material for one's thesis, teaching and studying aids, song lyrics, biographical information about whoever, the name of who played what, where and when? Suddenly it was all possible in no time. The universal library had opened its doors, possibly making it less useful or desirable to visit real ones.
Then web 2.0 came along. And with it came this amazing urge to express oneself, to "let other people know", and not just friends. Lots of people started writing, even those who had never dreamt of keeping a personal diary. Millions now write on their own or other people's blogs, on message boards, on social networks? They want to talk about themselves, about how they feel, about what happens to them, about their views. Many of those who had always simply read for fun, for a practical purpose or for some other unexpressed inexpressible reason now need to tell others what they have loved or hated and why. It's as if reading in itself was not enough anymore. Finding the right words, making one's posts appealing can be difficult but it is above all extremely time consuming, especially if, along with writing, one also wants to keep up with other people's opinions and argue with them. Paradoxically there isn't as much time for traditional reading as before?
Even professional writers haven't missed the chance of having their own Internet space to advertise and maybe clarify their work but also to communicate with their readers beyond mere commercial reasons. And how great it is for the simple reader, who could once feel close to his favourite authors only through what they wrote, to now be able to ask them questions directly, to comment and argue on the latest books, to show off his intellectual skills even and, at times, to arouse the authors' interest. The anonymous reader suddenly feels like a "someone" in the mind of those he admires. And the writer feels part flattered, part involved, part curious because, after all, she has always been interested in other human beings and here are many she'd never have "met" otherwise. And yet, she also feels the burden of responsibility for all the questions these people want an answer for; she has to acknowledge even those she'd have done without. Now there's not just the interviews, the readings and the many books to sign at presentations; there is the blog to keep up with, the requests to fulfil, new ideas to explore? The travelling and the "webbing" become so demanding that sometimes it feels as if she doesn't have the time and tranquillity to just sit down and start the new novel that her fans anxiously await so that they can, once again, read it, dissect it, comment on it, propose interpretations?
So what has become of writers and what of readers now? And will this interchange modify professional writing the way it has possibly modified many people's reading? The future will soon tell us.
14:50:46 -
Claudia -
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riflessioni
Mon 28 June 10
Lassù nessuno ci pensa
Da una nota su FB.
Mea culpa. Ci avevo già pensato lo scorso anno e mi sono dimenticata di provare a fare qualcosa ...(scrivere, ma a chi?).
La questione è piccola se vogliamo. Si tratta dei 5 punti di bonus della maturità, quelli che possono far salire i punteggi più alti.
Quando 12 anni fa fu introdotto il nuovo esame, l'idea di fondo era quella di rendere più significativa e trasparente la valutazione delle singole prove d'esame, oltre che di dare peso alla valutazione globale degli ultimi tre anni di scuola. Niente più 60/60 usciti dal fumo di semplici giudizi su prove magari non perfette ma che, nella santa opinione dei commissari, denotavano la completa maturità e preparazione del candidato.
Si decise quindi di attribuire 20 punti al credito scolastico, per un massimo di 6 nei primi due anni del triennio, 8 per l'ultimo. Chi fosse stato ancorato alla media del 6 rotondo per tre anni avrebbe avuto un totale di 8 punti, da aggiungere ai 52 delle sufficienze nelle prove scritte (10/15 x 3) e nel colloquio (22/35) per arrivare al fatidico 60/100.
Credo che ci si accorse presto che, mentre arrivare alla sufficienza per superare l'esame non era difficile, pochi avrebbero invece potuto arrivare al massimo. Tenere una media superiore all'8 per tre anni non è cosa semplicissima, ma soprattutto capita a tutti di magari perdere un punto in una prova scritta d'esame. Furono quindi introdotti i 5 punti di bonus, da assegnare a discrezione della commissione su criteri da essai stabiliti ma a patto che ne godesse solo chi avesse avuto 15 punti di credito (corrispondente allora ad una media tra il 7 e l'8 per tre anni) e 70 nelle prove (corrispondenti a prove molto buone ma non necessariamente perfette).
Ed ecco il punto dolente. Fioroni 3 anni fa decise di dare più peso al percorso scolastico, alzando il credito da 20 a 25 ed abbassando il punteggio massimo del colloquio da 35 a 30, con sufficienza a 20.
Logico, pulito, no problem.
Peccato che nessuno abbia pensato di adattare anche i punti di accesso al bonus. Così, dallo scorso anno, mentre a 15 punti di credito su 25 arrivano quasi tutti (in una mia classe in 16 su 19) perché corrisponde ad una media tra il 6 e il 7, arrivare a 70 nelle prove d'esame è faccenda davvero assai complessa. E se è vero che per gli aspiranti al 100 probabilmente non ci sono grosse differenze, per tanti altri la musica invece cambia molto.
Facciamo un esempio pratico: un'alunna con 40/45 agli scritti e 19 di credito deve per forza prendere 30 (cioè il massimo) nel colloquio per accedere ad almeno un punto di bonus, altrimenti il suo punteggio finale non potrà mai arrivare a 90. Dei famosi 16 su 19, escludendo il candidato alla lode, è rimasta l'unica che può almeno permettersi di sperare.
La cosa più assurda secondo me è che questo non è frutto di una scelta. Se si fossero per esempio voluti premiare solo i super-migliori si sarebbe alzata la soglia di credito (20 su 25 per esempio) oltre che lasciare il 70 così com'è.
No, semplicemente nessuno ci ha pensato.
16:22:54 -
Claudia -
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riflessioni
Sun 07 February 10
Nost gent
Rompo questo silenzio quasi annuale con una nota che pubblicherò anche su Facebook. "Di là" è più facile avere riscontro, ma mi dispiace abbandonare completamente questo blog... più di quanto non abbia già fatto, that is. Per ora terrò il piede in due scarpe.
Un'altra raccapricciante vicenda di cronaca fa assomigliare sempre di più Como al Midsomer, peccato che la location, tra muri e buche, non sia così idillica e non ci sia il tasto off per spegnere alla fine dell'episodio.
I protagonisti questa volta porta(va)no cognomi che, se esistesse una pura razza lombarda, come puri lombardi li definirebbero. Quelli che fan e g'han i dané, quelli che conoscono tutti, quelli che non hai paura ad incrociare la sera, i nost gent. Uno è finito sparato alla schiena e con la testa mozzata e cotta in forno, l'altro piange in prigione. E si scatenano giornalisti, psicologi e sociologi veri e presunti, amici veri e virtuali, si aprono gruppi su facebook, tutti affannati a trovare spiegazioni più o meno circostanziate, tanti ad esprimere solidarietà e amicizia fino a santificare l'uno e l'altro. Comprensibile. E' un modo di tenere a bada il senso di raccapriccio, incredulità e spaesamento che suscitano vicende del genere. E' un modo di continuare a vivere senza dover abbandonare qualsiasi certezza.
Ma se l'assassino fosse stato un cinese, un rumeno, un tunisino? La vicenda avrebbe per più giorni occupato le pagine dei giornali nazionali, non solo di quello locale. Si sarebbero levate grida contro la mancanza di sicurezza, contro la barbarie di importazione, e, per estensione, contro tutti gli immigrati. Si sarebbero scomodati politici, uomini di spettacolo e genetisti fai-da-te. Figuriamoci poi se il "clan" del colpevole avesse tentato di stargli vicino a prescindere dall'orrore del gesto. "Stava male". "Era disperato". Parole che tentano di spiegare da una parte; parole che condannano dall'altra.
Gli atti orrendi che vengono dal degrado, dalle vite da topi, dalla disperazione vera estendono la loro condannabilità ai parenti veri e presunti di chi li ha commessi, mentre quelli che vengono dall'angoscia di chi ha avuto tutto e se lo vede portar via sono da condannare sì ma anche da commiserare.
E' giusto?
20:36:27 -
Claudia -
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Mon 23 March 09
Architetture
Coerentemente con la mia insanabile curiosità di capire come funziona qualsiasi cosa, da un po' di tempo sto cercando di afferrare anche come funziono io, in particolar modo per ciò che mi stimola e per ciò che mi fa apprendere.
Per strano che sia, il libro che mi sono messa a leggere sabato - interrompendo addirittura la lettura dell'ultimo romanzo di Lodge (che adoro) - mi ha dato un paio di spunti notevoli.
Si tratta de
L'Umanista Informatico di Fabio Brivio (il cui blog è peraltro linkato qui a fianco). Il libro è rivolto a chi, pur non essendo specialista del web o di informatica, vuole saperne a sufficienza per poter capire alcune potenzialità dei linguaggi su cui il web è costruito - xml, html, css, sql, php... - in modo da poterli eventualmente utilizzare come veicolo efficace di contenuti - che è quello che dovrebbe poi davvero interessare ad un "umanista". Io, che proprio non ho il tempo o la forza di affondarmi nei manuali di php o mysql (capendoci un decimo e ritenendone un centesimo) o di rileggere il malloppo sui css, mi sto invece letteralmente bevendo questo.
Utile e affascinante dunque, ma cosa c'entra col come funziona il mio cervello?
Be' ieri, mentre V come al solito dormiva (del resto non è colpa sua se talvolta alla domenica mi sveglio presto in preda alla voglia di leggere), mi veniva voglia di urlare "Ah! Bellooooo! Ho capito, ho capito!!!" . Leggevo di com'è strutturato l'xml, qualcosa di cui già in parte sapevo, non essendo dissimile dal'html, e quando si è parlato di struttura ad albero ho avuto la mia "epifania".
La mia mente funziona proprio come un albero. Io ho bisogno di seguire un discorso nella sua logica lineare, ho bisogno di partire da un saldo tronco ben piantato in ciò che conosco e poi di muovermi man mano di ramo in ramo prima di potere (se riesco) arrivare al rametto più fine e poi alle foglie. Difettando gravemente in memoria, ho bisogno di poter ricostruire il percorso e per capire lo devo prima di tutto poter tracciare.
Come per un albero poi, la direzione che un ramo "figlio" prende non è univoca e non è sola, per questo mi affascina tutto ciò che è legame interdisciplinare, tutto ciò che è unione nella diversità, la simmetria dell'asimmetrico.
Ma quello che alla fine mi ha fatto svegliare il povero V è stata l'idea che forse questa può essere una ragione del perché gli alberi mi hanno sempre affascinato così tanto nella loro forma. Quando andavo a scuola di disegno (in seconda media), l'unica cosa che ero in grado di riprodurre erano dei tronchi o anche solo dei rami spogli. V mi prende in giro perché nelle mie foto di paesaggio se è possibile ho sempre un ramoscello in primo piano... Che abbia trovato la spiegazione?
16:06:19 -
Claudia -
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Mon 16 February 09
Strawbs
Giovedì scorso gran botta di vita. Sono andata a Milano prima a fare un paio di commissioni (leggasi spese) e poi a vedere il concerto degli Strawbs al Dal Verme, alle 18.30 . L'orario inconsueto ma apprezzabilissimo mi ha consentito di andare e tornare in treno e di arrivare a casa ad un'ora consona con l'orario da galline in cui generalmente vado a letto. Sono anche riuscita a vedere l'Alfredo dopo un sacco di anni, e questo ha aggiunto al piacere della musica.
Il gruppo degli Strawbs si forma nell'ambito del folk-rock inglese della metà degli anni '60, sempre però sperimentando e mescolando vari generi, tra la ballate acustiche, schitarrate rock e organi prog, con passaggi tra il mistico e lo psichedelico. Molto inglesi, molto anni '70, in effetti. E in effetti è alla fine degli anni '70 che si sciolgono, salvo ritrovarsi un paio di decenni dopo a riproporre in versione acustica o elettrica sia i vecchi brani che qualche canzone nuova ad un pubblico rimasto affezionato.
Questa dei dinosauri che continuano a suonare potrebbe sembrare un'operazione commerciale; sicuramente per loro lo è anche (sempre meglio che lavorare :-D ), ma io sarò tonta eppure mi emoziono sempre. Lasciando da parte qualche imprecisione nella voce e negli assoli, si percepisce ancora una passione, e forse soprattutto un credere a quello che si fa e si DICE con la musica, che non paiono assopirsi sotto le rughe, gli occhiali e i capelli più o meno folti o bianchi, e che contribuiscono al mio entusiasmo quasi quanto la rispondenza della musica con i miei gusti.
L'unica sofferenza del concerto è stata quella di non poter ballare con le braccia alzate modello
JCSS e cantare a squarciagola, cosa che faccio nella solitudine della mia casetta.
Sarà l'anima hippie che Ciccio ha così ben riconosciuto in me fin dalla foto di quando avevo 10 anni...
17:01:44 -
Claudia -
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Fri 06 February 09
Fanca**ismi
Gli alunni che non fanno quello che dovrebbero fare mi fanno spesso innervosire, ma posso pure capire che alcuni di loro aspettino di iniziare a "vivere" (i.e lavorare) prima di applicarsi. Io non ero una studiosissima ma mi aiutavano la curiosità e l'entusiasmo, ed è forse più quando mancano quelli nei ragazzi che mi viene la tristezza.
Ma quello che mi fa davvero incavolare sono alcuni colleghi. Fortunatamente non tutti e nemmeno la maggior parte se vogliamo. Però ci sono esempi di tale indecenza da farmi suonare brunettiana ! Colleghi che arrivano sistematicamente alle 8.20 a scuola, oppure si attardano tra un'ora e l'altra; altri che, oltre a questo, non si sognano di svolgere i programmi, telefonano in classe, valutano alla ca**o , ma nemmeno fanno finta di nascondersi... no no, presuntuosi e arroganti, attaccano prima di essere attaccati.
L'altro giorno in consiglio di classe un tipico esempio ha minacciato di scrivere ai giornali per denunciare lo scandalo degli insegnanti che vogliono impedire agli alunni di uscire dalla scuola per fare le visite aziendali "che danno lustro alla scuola e preparano gli alunni alla vita". In realtà, fatti i conti tra stage(15 giorni), gita (5 giorni), giornata sulla neve (1 giorno) carnevale (2 giorni), uscite già programmate(3 o 4), orientamento (8 ore) e venutoci lo sconforto (la classe è all'ultimo anno e non è proprio quel che si dice né studiosa né autonoma), gli avevamo semplicemente chiesto di organizzare la sua visita (saltata fuori all'ultimo momento) possibilmente quando anche l'altra metà della classe (di altro indirizzo) era fuori. Lui si è messo a urlare che non potevamo certo dettare noi le condizioni, e che tanto lui quel giorno lì (il primo di rientro dopo Pasqua) non c'è (furbissimo eh?) ... Mi sono messa ad urlare anch'io, non ce l'ho fatta a trattenermi e se non fosse che c'erano fuori i rappresentanti e sono stata zittita, gli volevo dire che gliela scrivevo io una bella lettera ai giornali. Aggiungiamo che era arrivato al consiglio prima con 20 minuti di ritardo senza scusarsi, col telefono in mano e che quest'ultimo gli era squillato una o due volte.
Che vomito. Se penso che questa persona porta a casa gli stessi soldi miei...
17:43:24 -
Claudia -
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riflessioni
Mon 15 December 08
La scuola che vorrei
La scuola che vorrei è una dove le discipline non hanno dei confini così netti come quelli che sono stati tracciati dai programmi e che molti docenti scavano ogni giorno sempre più profondi. Lo so che nessuno può essere tuttologo (pur avendone l'ambizione) - i Leonardo da Vinci non esistono più. So anche che per ciascuna disciplina non basta il tempo di una vita per approfondire tutto ciò che di essa si può imparare.
Ma che bello sarebbe lo stesso se ognuno di noi facesse uno sforzo per capire come agganciarsi a qualcun altro in alcuni momenti del suo insegnare.
In questi mesi in cui ho imparato pochissimi rudimenti di chimica mi sembra di aver colto come riflettere su una lingua possa aiutare ad apprendere la chimica e la chimica ad apprendere una lingua. Sto leggendo il Teorema del Pappagallo e, pur avendone letto meno di un quarto, mi sembra di capire che l'idea è quella di togliere la matematica dall'astrazione che tanti odiano per calarla nella sua prima funzione, quella di spiegare la realtà.
Il fine più importante di ciascuna disciplina scolastica non dovrebbe essere quello di provare a far capire il mondo agli alunni mentre cerchiamo noi stessi di venirne a capo? Certo, mille sono le sfaccettature e i punti di vista da cui si può guardare, e ognuno trova il suo punto di osservazione privilegiato, ma se ogni tanto, non dico sempre, provassimo a fare un passetto più in là?
19:14:15 -
Claudia -
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riflessioni
Sempre più presto
In un mondo - o meglio, in una parte di mondo - in cui tutti hanno fretta, in cui i limiti di velocità stanno stretti e sembra sempre che manchi la terra sotto i piedi ... anche i supermercati si adeguano.
Oggi ero al Bennet e tra una strenna natalizia e l'altra ... erano già esposti gli articoli di carnevale!
Se andiamo avanti di questo passo, il prossimo dicembre ci saranno le cose di Natale, sì, ma quelle dell'anno successivo!
18:47:21 -
Claudia -
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riflessioni
Sun 07 December 08
ITunes U
Per il mio ultimo compleanno (ormai più lontano del prossimo) ho ricevuto da V il regalo più bello di sempre, un Ipod touch. Che fosse un aggeggino speciale già si era capito, ma dopo 9 mesi ormai mi posso dire addicted. In particolare ci sto scaricano una marea di video lunghi e corti sulle scienze - chimica, evoluzione, algebra.... - il fatto è che più trovo più vorrei trovare e guardare. E' come moltiplicare le possibilità di capire ma ho un timore... mi renderà più schizofrenica e frammentaria nelle conoscenze? Ma intanto io scarico..
17:19:00 -
Claudia -
categoria:
riflessioni
Mon 01 December 08
December already
E' già dicembre, un mese di silenzio quasi, dovuto anche ancora alla mancanza di adsl, che mi rallenta nelle operazioni su Internet. Ormai sono quasi tre mesi che sono senza e, nonostante le rassicurazioni ricevute qualche settimana or sono anche dal mio amico (sul fatto per esempio che la mia pratica sia in mano ad una task-force...), non ho più nemmeno tante speranze; qualunque promessa mi sia stata fatta è stata disattesa e le uniche affermazioni realistiche sono state quelle di chi mi ha detto di aspettare (le calende greche). Ho avuto notizia di persone che, in situazione molto simile, hanno atteso 8, 9 mesi, pensate che ottimismo posso avere...
Per il resto sono di umore strano, sospesa tra gioie profonde e ansie più o meno determinate.
Tra le gioie ci sono stati sia il compleanno di V - bello e pieno di emozioni (come del resto è sempre il vedersi)- ma anche il fatto di avere trovato una vera valanga di ex-alunni su Facebook. E' iniziata con pochi vecchi, ma ora siamo sulla sessantina, con molti gruppi classe più o meno "antichi" di cui non avevo notizia da tempo; sarà da gasona, ma il fatto che molti mi scrivano parole non solo di grande affetto ma anche di ringraziamento e complimento mi inorgoglisce davvero. Del resto nel nostro lavoro è così difficile percepire una soddisfazione immediata ed è così facile cadere nello sconforto dopo, per esempio, la correzione di diversi pacchi di verifiche...
Le ansie sono invece dovute sia a qualche preoccupazione personale che a qualcuna più globale... Quelle personali sono legate soprattutto alla voglia e alle idee di fare una marea di cose contro la consapevolezza che non tutto è possibile e che, soprattutto, io sono PIGRA e portata più all'entusiasmo che alla sistematicità!
Quanto a quelle globali, beh... sembrerà banale ma a volte mi pare di vivere all'inizio di un film catastrofico - allagamenti, trombe d'aria, incidenti, attentati, crisi economica, inquinamento, malattie. So di essere fortunata a stare come sto e da una parte mi intristisce ciò che capita a molti altri, dall'altra mi viene paura di trovarmi coinvolta anch'io in qualcosa di brutto.
Tra poco sarà il quarto compleanno del blog e tempo di bilanci di fine anno. Speriamo di avere almeno l'adsl per poterli fare in tutta tranquillità! :-)
17:04:58 -
Claudia -
categoria:
riflessioni
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