Abbiamo tutti anime danneggiate, e le decisioni che prendiamo, sia con la testa sia con il cuore, si basano spesso sulle nostre storie dolorose, nel tentativo di non ripetere gli errori del passato o di evitare nuove sofferenze.
Questo però condiziona le nostre relazioni con gli altri, soprattutto quelle speciali. Capita di incontrare una persona che per qualche inspiegabile magia ci piace e a cui piacciamo, con cui parlare, ballare o fare cose ci attrae e ci distrae. Cerchiamo di lasciare in disparte le rispettive ferite ancora aperte, pur riconoscendole, ma inevitabilmente ci inciampiamo. L’incastro sembra quello tra due pezzi di puzzle imperfetti e talvolta genera ulteriori sofferenze.
Di recente ho letto del Kinstsugi, l’antica tecnica giapponese di riparazione della ceramica rotta, utilizzando una lacca mista a polvere d’oro, argento o platino. Questa pratica non solo ripara l’oggetto, ma ne valorizza le crepe e le fratture, trasformandole in elementi estetici e simbolici, celebrando così la bellezza dell’imperfezione e della storia dell’oggetto stesso.
E se questa fosse una soluzione da adottare anche nel rapporto con noi stessi e con gli altri? Invece di nascondere le nostre reciproche fratture dell’anima potremmo provare a farle risaltare riempiendole d’oro, come elementi che ci rendono unici e, forse, anche attraenti. Non ci tormenteremmo più cercando la risoluzione delle nostre contraddizioni né un incastro perfetto con l’altro. Saremmo contenti di aver trovato un compagno di scaffale, imperfetto e bello come noi.
«In un’epoca che idolatra la giovinezza, la perfezione e il nuovo, l’arte del kintsugi conserva una saggezza particolare – applicabile tanto alle nostre vite quanto a una tazza da tè rotta. La cura e l’amore dedicati ai vasi frantumati dovrebbero darci la fiducia necessaria per rispettare ciò che è danneggiato e segnato, vulnerabile e imperfetto – a partire da noi stessi e da coloro che ci circondano.» (The School of Life)
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We all have damaged souls, and the decisions we make, whether with our heads or our hearts, are often based on our painful histories, in an attempt to avoid repeating past mistakes or experiencing new sufferings.
However, this influences our relationships with others, especially the special ones. We may meet someone who, thanks to some unfathomable magic, we like and likes us back; having a conversation with them, dancing, or doing things together attracts and distracts us. We try to set aside our respective open wounds, despite recognizing them, but inevitably, we stumble over them. We often feel as if we were trying to fit together two imperfect puzzle pieces, and this sometimes leads to further suffering.
Recently, I read about kintsugi, the ancient Japanese technique for repairing broken ceramics using lacquer mixed with gold, silver, or platinum powder. This practice not only repairs the object but highlights its cracks and fractures, turning them into aesthetic and symbolic elements, celebrating the beauty of imperfection and the history of the object itself.
And what if this was also a solution to adopt in our relationships with ourselves and with others? Instead of hiding our mutual fractures of the soul, we could try to highlight them by filling them with gold, as elements that make us unique and perhaps even attractive. We would no longer torment ourselves looking for the resolutions to our contradictions or a perfect fit with others. We would be content to have found a shelf companion, imperfect yet beautiful just like us.
«In an age that worships youth, perfection and the new, the art of kintsugi retains a particular wisdom – as applicable to our own lives as it is to a broken tea cup. The care and love expended on the shattered pots should lend us the confidence to respect what is damaged and scarred, vulnerable and imperfect – starting with ourselves and those around us.» (The School of Life)