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Thu 20 April 06
For the Longest Time
Canzone.... Oh, insomma, inizio domani a smettere.
Non la copio qui no, ok, ne linko soltanto il testo.
E' bellissima, parole e musica.
Del resto l'ho risentita per caso a Barcellona, e me lo sono segnata che dovevo ritrovarla... Sarà stato un caso?
Bravo Billy.
http://www.duchessathome.com/music/longesttime.html
18:46:07 -
Claudia -
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Wed 19 April 06
Quote
"Una porta non è una porta se non ha un palazzo intorno, altrimenti sarebbe solo un buco, che dico, neppure quello, perché un vuoto senza un pieno che lo circonda non è nemmeno un vuoto"
U.Eco "Baudolino"
16:44:01 -
Claudia -
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Tue 11 April 06
Lettera dall'Oregon
Voglio copiare qui la lettera pubblicata qui oggi sulla Provincia di Como. In questa giornata in cui mi sento come se fossi stata lasciata da qualcuno o come quando mi venne comunicata la notizia della malattia di mio padre 24 anni fa, ecco parole che condivido e che vorrei fossero graffitate sulle case di tanti comaschi, con vernice indelebile e che riappare ad ogni ripittura.
****************
RUMESH
Credo che nella convalle qualche cosa si sia inceppato
Ma che città è mai diventata Como? Agenti armati che vanno alla ricerca di graffitari?
Morire per il desiderio di lasciare un segno su qualche muro della città? E? veramente questo il pericolo maggiore contro cui i comaschi chiedono di mettere in campo le forze di polizia locale? Se così è, credo che ci sia qualcosa che si è inceppato nella convalle.
Non scrivo per criminalizzare chi ha sparato. Scrivo per far riflettere i comaschi su qualcosa che è cambiato nella loro città e che forse faticano a vedere o ad accettare.
Sotto la spinta del nuovo portato dalla globalizzazione, la città si sta chiudendo a riccio.
In un mondo che diventa sempre più diverso culturalmente e competitivo economicamente, la città fatica a reagire. Preferisce difendere quello che ha, senza comprendere che piano piano anche quel poco che ha se ne andrà. Inesorabilmente. Cosa fare?
La risposta sta scritta sulla lapide che i comaschi hanno fisso sulla facciata della torre medievale di Palazzo Cernezzi, in via Vittorio Emanuele - ma che di essa pare si siano dimenticati. E? l?incisione che riporta le parole di Strabone sulla fondazione di Como ad opera di cinquecento neo comites nel 59 a.C. Coloni greci che nulla avevano a che fare col sostrato celtico della popolazione locale. Quelli che oggi chiameremmo extracomunitari?
esattamente come la famiglia di quel ragazzo che ha avuto la testa trapassata da un colpo di pistola. Fu grazie all?apertura a genti diverse e alla cultura mercantile di queste genti che Como iniziò a prosperare nei commerci tra i Latini e le popolazioni transalpine.
Oggi la globalizzazione chiama di nuovo all?apertura. Apertura alle sfide di un mercato globale e di una società multiculturale.
Ma la città fatica ad aprirsi. Sia per ragioni demografiche, sia ecomiche. Como è una città che invecchia. La popolazione superiore a 65 anni è il doppio della popolazione tra 0 e 14 anni. Le nascite di bambini extracomunitari sono le uniche che le consentono di far fronte al declino demografico.
Dal lato economico, la crisi strutturale del comparto tessile ha inciso fortemente sulla crescita del valore aggiunto che, tra il 1995 e il 2003, facendo registrarre un modico 2,7%, ha posto la provincia di Como al 99? posto su le 103 province italiane.
Una città vecchia e preda di una crisi economica produce sentimenti di chiusura, insicurezza e sfiducia che si riflettono nelle politiche di governo territoriale. Così la città preferisce dire di no ai nuovi extra-comunitari
che chiedono uno spazio dove poter pregare il loro Dio, anziché affrontare questa sfida sulla base di un progetto volto ad integrare e valorizzare, e non escludere e marginalizzare la diversità. E così preferisce pure curarsi del nitore degli intonachi dei propri edifici, allestendo forze di polizia locali anti-graffittari, senza dubitare che le minacce alla sicurezza della città si nascondano altrove.
C?è qualcosa di perverso e assurdo in questa logica che spinge alla chiusura e alla difesa ad oltranza della ?nostra? identità e della ?nostra roba?. In un mondo globale, non è certo una politica di difesa che può portare a nuova crescita. Occorre che la città si fermi e rifletta su se stessa, sui propri obiettivi, sui propri progetti. La sensazione invece è che preferisca curarsi del proprio intonaco, evitando di affrontare i problemi sociali ed economici che quell?intonaco nasconde.
Forse una passeggiata in via Vittorio Emanuele, sotto la Torre di Palazzo Cernezzi, può essere di consiglio per una città che ha di nuovo bisogno di aprirsi al confronto, alle sfide e al coraggio di rischiare.
Marco Antonsich
Boulder - Colorado
19:20:39 -
Claudia -
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Thu 06 April 06
Pride and Prejudice
Pride and Prejudice è uno dei miei romanzi preferiti di tutti i tempi. Lo lessi in quarta, quando stavamo studiando Emma in classe. La Austen mi è sempre piaciuta per la sua prosa settecentesca, ricca ma non pomposa, per quei suoi paesaggi così vividi, per le sue storie a lieto fine pur non banali, arricchite di momenti di suspense e di colpi di scena, per il suo porgerci personaggi a tutto tondo, con sfumature, contraddizioni, cambiamenti.
La prima versione cinematografica che vidi (forse neanche tutta) fu quella del 1940; un classicone con un cast di tutto rispetto (Laurence Olivier in testa) e una sceneggiatura addirittura di Huxley. Ma non mi piacque. Lo trovai affettato e anacronistico, laddove il romanzo rimane fresco e attuale.
Qualche anno fa comprai e vidi il DVD dello sceneggiato della BCC, del 1995, che aveva a suo tempo portato alla fama Colin Firth e ispirato la creazione di Bridget Jones. Diversi miti messi insieme... (per me, ovviamente...). Ben fatto, fedele, con personaggi spessi come nel libro, dialoghi conformi, attori credibili nonché ambientazioni, scenografie e costumi filologicamente corretti. Un capolavoro.
E ieri sera il film più recente, dello scorso anno, con una Keira Knightely che ormai si vede dappertutto. Non spiacevole ma per nulla memorabile. Certo, le 5 ore dello sceneggiato contro le 2 del film non possono che risultare vincenti se nel film si è costretti a tagliare qualsiasi momento di suspense (ogni situazione problematica si risolve in pochissimi minuti) e a risparmiare moltissimo sulla psicologia dei personaggi. Però.... Forse qualcosa di meglio si poteva fare? La Knightely è brava, anche meno bella di quanto la ricordassi (Elisabeth Bennet non può essere troppo bella), simpatica ma piatta (e non solo di petto...). Non sono riuscita ad empatizzare. Matthew Macfadyen, Mr Darcy, è abbastanza azzeccato fisicamente e non recita certo male. Piattino anche lui però. Belli i paesaggi e le ambientazioni molto "da quadro" ma i costumi (e di questo ho letto la critica) pare non siano sempre credibili, né lo sono alcuni comportamenti. C'è un ammodernamento che non ha il coraggio però di esserlo completamente...
La storia comunque è sempre la prima attrattiva, per noi donne intendo... la lacrimuccia in fondo ci scappa. Chi non vorrebbe "sentirsi morire di felicità" come Jane dopo che Bingley si è finalmente dichiarato. Chi non vorrebbe provare l'emozione di ritrovare l'amore prima rifiutato e poi ritenuto perduto, come succede a Lizzie con Darcy?
Forse nella vita vera queste cose non succedono. Forse nel '700 era diverso. Forse nella mente della Austen si voleva che lo fosse. Mah. Però, un po' di invidia, anche qui...
16:43:07 -
Claudia -
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Wed 05 April 06
On-line learning
Ho trovato questo sito canadese,
http://international.ouc.bc.ca, che, utilizzando tecnologie audio e video, propone attività per migliorare il proprio inglese.
Si può per esempio lavorare sulla
pronuncia (ovviamente variante nord-americana), oppure assistere a vere e proprie
lezioni grammaticali in video, corredate da qualche esercizio. Vi sono molti altri spunti. La costruzione del sito lascia un pochino a desiderare (usano ancora i frames...) però può essere un indirizzo utile.
18:07:57 -
Claudia -
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