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Wed 22 September 10
Grandi piccolezze
Il solito S.R. colpisce ancora. Sulla Provincia di stamane l'ennesima lettera; la lamentela oggi era sulla mancata introduzione dei pedaggi su autostrade e tangenziali del sud, cosa che, secondo un ragionamento abbastanza contorto (e disgustosamente colorito), sarebbe sintomo di razzismo nei confronti degli abitanti del nord che invece li pagano. Si vede che non ha altro a cui pensare.
Lungi da me entrare nel merito della faccenda; sull'iniquità del caso potrebbe anche avere ragione. Ma le lettere di S.R. mi causano un particolare ribrezzo, non riesco a tollerarle. Certe persone andrebbero vestite a forza nei panni di quelli che tanto disprezzano per provare a vedere se è davvero tutto così bianco o ne(g)ro...
Ci pensavo già prima di leggere il giornale a dire il vero. Ieri sono rientrata a scuola e ho trovato due alunni stranieri nuovi. Uno è in prima, viene dal Ghana e pare sempre sorridente; è qui da pochi mesi ma riesce a dire qualche parola in italiano ed era già coi nuovi compagni all'intervallo. Pare anche che sia stato contento quando la prof. di chimica gli ha dato delle fotocopie in inglese sulle basi della propria materia che, per caso, mi trovavo ad avere in cartella io. L'altro è in seconda anche se ha 16 o 17 anni, viene dalla Sri Lanka ed è appena arrivato. Ho potuto scambiare solo poche parole con lui ma ieri l'ho visto guardarmi con gli occhi sgranati e increduli mentre cercavo di far parlare a spizzichi e bocconi alcuni suoi compagni sulle letture date per l'estate; oggi invece nell'intervallo si aggirava fuori dalla presidenza (con grande disperazione di una bidella che non riusciva ad intendersi); era preoccupato di non essere stato avvisato sull'inizio dei corsi di italiano (di cui non sa un parola). L'ho rassicurato spiegandogli che i corsi non sono ancora iniziati, e che comunque nelle mie ore potrà portarsi del lavoro da fare in italiano (quando ne avrà) e la mia valutazione nei suoi confronti sarà personalizzata. Sempre durante l'intervallo, ho intravisto un ragazzo orientale seduto su una panchina in corridoio, da solo, con lo sguardo fisso davanti a sé. E in quei panni per un poco mi ci sono messa.
Ma io, che ho vergogna a chiedere un'indicazione stradale in Italia, come mi sentirei se ad un certo punto mi trovassi proiettata in un paese all'altro capo del mondo, dove parlano una lingua che non capisco, in una scuola che funziona in maniera totalmente diversa da quella a cui ero abituata, con materie che non conosco o che mi paiono insegnate ad un livello infimo rispetto a quello che mi parrebbe adatto a me (per esempio matematica), con tanti compagni che mi paiono un po' bambini, con qualche persona che cerca di aiutarmi ma alla fine ha la sua vita e i suoi problemi, e con molto altri che se va bene mi ignorano e se va male mi vedono come un fastidio o, peggio, con ostilità? Io che non ci volevo mica venire qui. Io che sento la mancanza dei miei profumi, dei miei cibi, di quello che so che trovo andando a casa...
Chissà se S.R. ci pensa mai.
Eh, non voglio farla facile. Non voglio dire che la nostalgia si cancelli coi sorrisi e la comprensione, né che la piena integrazione di chiunque arrivi sia realizzabile a prescindere, cioè che bastino organizzazione e umanità. Ma aiuterebbe.
Intanto oggi, mentre tornavo a casa a piedi con Harper Simon e poi i Love nell'orecchio, col profumo dei fichi e dell'olea fragrans nel naso e senza l'assillo dei 57 quaderni da correggere (finiti!) mi sono sentita fortunata come una regina.
16:53:19 -
Claudia -
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riflessioni
Mon 13 September 10
Obbligo d'istruzione
Domani, nell'ambito del "progetto accoglienza", devo andare in una delle mie prime ad illustrare "l'obbligo di istruzione a 16 anni". Sorvolerò sul fatto che, nel secondo giorno di scuola, andare da dei quattordicenni un po' spaesati a raccontare delle "otto competenze chiave di cittadinanza" e dei "quattro assi culturali" mi pare quanto meno noioso se non perfettamente inutile. E vado al punto.
Facendo una ricerca per ovviare alla mia inescusabile ignoranza in materia, ho scoperto che con i vari interventi legislativi dal '99 ad oggi, coi quali si è esteso l'obbligo di formazione a 18 anni e di istruzione a 16 anni, non si è pensato di introdurre specifiche sanzioni per chi l'obbligo non lo fa rispettare. La Cassazione nel 2008 ha respinto un ricorso contro l'assoluzione di genitori che non avevano fatto assolvere l'obbligo ai figli minori di 18 anni, spiegando come l'ultima esplicita estensione dell'articolo 731 del codice penale (classe 1930, che prevede sanzioni per il non rispetto dell'obbligo di istruzione elementare) risalisse al 1962, quando fu prolungato l'obbligo alla terza media; l'ammenda di ben 30 euro è quindi comminabile solo finché i figli assenteisti non abbiano compiuto 15 anni.
Ora, non credo che si combatta l'evasione scolastica a colpi di multe, né credo che il fatto di prevedere una sanzione più corposa ed estesa a coprire i nuovi limiti di obbligo possa in alcun modo riempire le voragini che si sono formate tra quelli che sono i proclami ministeriali e quello che la scuola riesce davvero ad offrire e certificare. Mi chiedo però quale significato devo attribuire al sostantivo "obbligo". Spero tanto che non me lo chiedano domani.
16:08:39 -
Claudia -
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riflessioni
Thu 09 September 10
Della moda
Sono nata in Italia e come mi vesto mi interessa. Mi interessa indossare capi che mi piacciono, adatti all'occasione e che mi pare mi stiano bene. Non sempre sono convinta al 100% di quello che metto, spesso me ne stanco, talvolta osservo gli altri per prendere spunto, non infrequentemente ho l'impressione di non avere quello che vorrei. Quindi non ne voglio fare una questione di "chissenefrega, datemi uno straccio e me lo metto, basta che mi ripari". E anche il mio occhio si è a più riprese abituato ad alcuni canoni... Mi ricordo di quando, nel 1980, indossai un mini kilt londinese comprato nel 1970 da mia madre e, in un momento in cui la gonna era sempre e solo sotto il ginocchio, esclamai "che schifo le ginocchia scoperte!", salvo ricredermi nel giro di un paio di anni. Anch'io sono in qualche modo schiava dell'apparire.
Ma ci sono un sacco di cose che proprio non capisco e non capirò mai.
Un conto è riadattarsi a vedere l'orlo del pantalone che sale sopra o scende sotto la caviglia; idem per la lunghezza delle gonne, l'altezza della vita, la larghezza dei maglioni. Da questo punto di vista oggi forse c'è un po' di tutto, o quantomeno c'è più varietà rispetto agli anni '80, quindi forse più libertà.
Un altro conto è accettare acriticamente cose palesemente orrende, scomode e spesso costose in nome delle nuove mode.
Partiamo dalle assurdità; prendiamo per esempio i pantaloni da donna col cavallo al ginocchio: sembrano nascondere un pannolone e credo rendano impossibile un incedere normale, per non parlare del correre (attenzione se dovete prendere un autobus); fanno il paio coi pantaloni da ragazzo portati con la "vita" a metà fianco e tendente a scendere anche oltre, il cavallo a metà coscia e le mutande in mostra...
Restando sul tema del "metter in mostra ciò che si farebbe meglio a tenere nascosto" (citazione personale dal mio prof di latino), stamane guardavo un servizio di moda dove "il tubino a bustier con scollo a cuore" non nasconde "un top nero che esce dal décolleté" ... Oppure "l'abitino a sottoveste con scollo quadrato" che ancora una volta NON nasconde una sottoveste nera con le spalline e scollo di altra forma e le coppe a reggiseno... ma perché devo mettere in mostra la mia biancheria intima???? Sta male, santo cielo, sembra che ci sia alzate e vestite senza guardarsi allo specchio.
E che dire dei jeans nuovi strappati ad arte, di cui è regina madame Beckham (ma non era "posh" una volta?); ma perché devo spendere (anche tanto) per una cosa già rovinata? Idem per gli stivali di camoscio già lisi in punta o per i capi che sembrano tinti in un bucato andato male... E' uno spregio per la miseria vera.
Sorvolerò sulle assurdità che molte si mettono ai piedi per osservare che, a mio parere, anche il capo più bello deve stare addosso a chi se lo mette: le ballerine, che in teoria mi piacciono, coi miei polpacci fanno a pugni; un abito a bustier può essere molto elegante (SENZA top sotto) ma non per chi, come me, senza reggiseno mostra l'inesorabile forza della gravità; infine, finché posso evitare di mettere in mostra i miei rotolini lo evito.
E poi, al di là di tutto, i prezzi che molte delle cose più brutte o che donano di meno, fatte male e di stoffe cattive ma "firmate" , sono davvero inauditi e ingiustificabili. Mia madre alla mia età, quando poteva spendeva anche tanto ma per capi che le duravano anni e dalla linea inattaccabile. Ora molto spendono solo per farlo vedere, ma senza etichetta che lo certifichi non lo si capirebbe di certo.
Santa Audrey, fai scendere un po' di ispirazione su questo mondo sempre più folle!
17:11:37 -
Claudia -
categoria:
riflessioni
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