Un'altra morte oggi tra le notizie. Ma non una di quelle che fanno piangere e disperare; non me, che non conoscevo questa persona, non i (pochi) parenti più stretti rimasti. E' morta la mamma di una delle vittime della strage di Bologna: era stata mamma, nonna, suocera, moglie. In quell'attentato di 26 anni fa perse il figlio, la nuora, il nipotino di 6 anni; pochi mesi dopo il marito di crepacuore. E di lì a tre anni venne la decisione di entrare in clausura, dove è rimasta fino a ieri.
I più cinici commenteranno che è fuggita dalla vita, che ha trovato l'unico modo di sopravvivere isolandosi dal mondo. Chi più crede dice che è stata toccata dallo spirito santo; che quello che ha provato è vera fede, vero perdono, vera pace. Io mi sento in mezzo. Non trovo sia giusto giudicare cinicamente una scelta non da tutti; forse stare in clausura può sembrare desiderabile in certi momenti della vita ma non credo che sia mai l'opzione più semplice. Dall'altra parte non riesco a provare per me qualcosa di simile ad una vera fede, non riesco a non essere attanagliata da dubbi su tutto, e quindi non posso davvero capire appieno quello che può aver provato e vissuto in questi anni.
A costo di banalizzare l'evento comunque mi consento due riflessioni.
La prima è che qualsiasi attentato di quel genere, di qualsiasi matrice politica o religiosa, è uno sconquasso umano, un non-senso che non può trovare giustificazioni e che va condannato, pur evitando le demonizzazioni generalizzate (vedi anche
http://www.bonimba.splinder.com/1122990632#5415388).
La seconda è che, se al di là dei bollini di "vero cattolico", "musulmano fondamentalista", "hindu" o "buddista", più gente, a partire da me stessa, riuscisse a prendere un po' più esempio da persone così, smettendola di ululare per le mancanze e i peccati degli altri, forse al mondo ci sarebbe un pochino più di pace.
Ad ogni modo io non posso fare a meno di sperare che ora lei si sia potuta ricongiungere con tutti i suoi cari. Lo spero per lei, lo spero anche per me.